Incontrare Andrea Fumagalli, per tanti Andy Fluon, per molti semplicemente Andy dei Bluvertigo, corrisponde alla possibilità di tuffarsi in un mondo creativo a tutto tondo, in cui si uniscono suoni, immagini, colori.
Andy Bluvertigo è tastierista, saxofonista, fondatore con Morgan dei Bluvertigo, voce dei Fluon, ma anche apprezzato e quotato pittore che illumina con la sua fluorescenza. Quello di Andy pittore è un mondo di riferimenti pop declinati con la sua personalità in uno stile che sa come riunire estremi dark e variopinti nella sua “Cartoonia”. Le tonalità fluorescenti inserite in bordature nere fanno parte del suo personalissimo codice pittorico, che sintetizza in modo mai banale forme e piani sia narrativi che prospettici. I soggetti delle sue opere sono icone dell’arte, della musica, del cinema, ma anche dei cartoni animati e della pubblicità, decontestualizzate e ricollocate nel nostro tempo attraverso frammenti di memorie personali. Andy vive e lavora a Monza.
Quali sono state le tue prime ispirazioni estetiche e in che modo la tua arte e la tua musica si influenzano?
“Da giovanissimo, a livello accademico ero più vicino alla grafica, prima ancora della musica. Mi specializzo infatti in illustrazione e grafica pubblicitaria presso l’Accademia delle Arti Applicate di Milano. Conoscendo Morgan ho iniziato a suonare (era il 1986, N.d.r). Nel 1991 abbiamo fondato i Bluvertigo e con sax, tastiere, voce e sintetizzatori ho contribuito alla composizione di tre album e alla pubblicazione di un live e di una raccolta di successi. La musica e la pittura hanno sempre viaggiato insieme nelle mia vita, ispirandosi vicendevolmente. Ho sempre cercato due canali paralleli sui quali percorrere la mia strada, perché sono quelli che mi risuonano meglio. Quindi in realtà le discipline sono sviluppate in maniera molto simile. Il mio codice pittorico nasce nei primi anni ’90 ed è incentrato su una bilanciata alternanza di FLUorescenza e inFLUenza”.
I tuoi dipinti rappresentano una sorta di “fuga dalla realtà?
“Tutt’altro, i miei dipinti sono un’amplificazione della realtà stessa. Entro in Cartoonia, e così accade per chi mi commissiona un ritratto od un quadro, lo faccio entrare in questa mia realtà parallela. Per cui se in musica le fotografie dei suoni, vengo campionati, in pittura, ciò che mi emoziona, viene trasposto, proprio per accedere a questa realtà parallela, fluorescente”.
Dove prendi la tua ispirazione?
“Siamo in un mondo che da un lato ci sommerge, siamo in un’epoca di confusione, e nella confusione preferisco fare il drone, che viaggia in diversi contesti e prende spunti diversi, fluttuando tra una cosa e l’altra. Il mio “Maestro” assoluto è Warhol, ma mi ispira anche il liberty di Alfonse Mucha, e poi l’oriente, che conosco molto bene, soprattutto la Cina. Amo inoltre rinfrescare il passato, con il ricordo dei manga e con la celebrazione degli anni ’80. E se si parla di anni ’80 è necessario citare David Bowie, per me fonte di grande ispirazione per i miei due mondi: gli eventi musicali di Andy e The White Dukes ne sono un esempio. Un David Bowie Show, al quale in una data ha partecipato anche Morgan, una rivisitazione di parte del suo repertorio e delle sue hit principali. Non un tributo filologico, perché non ho costruito uno spettacolo per emulare Bowie. Una mia visione. Anche i cambi di abito durante il live fanno parte del mio guardaroba, non di quello del Duca Bianco. Per me è l’occasione di fare il cantante secondo il suo repertorio”.
L’estetica di Bowie ha influito anche sulla tua arte?
«Molto. Esteticamente è stato una delle ispirazioni principali. Lui e il suo lavoro fatto assieme a Lindsay Kemp».
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